09Feb

Dieta chetogenica: cos’è e per chi è utile

Dieta chetogenica: cos’è?

La dieta chetogenica è una dieta nata nei primi anni del ‘900 come approccio terapeutico alternativo all’epilessia in bambini resistenti ai farmaci.
Tutto era iniziato dalle osservazioni secondo cui dopo 2-3 giorni di digiuno, le crisi epilettiche diminuivano drasticamente. Fu però il Dott. Russel Wilder della Mayo Clinic ad inventare una dieta che permettesse di avere gli effetti benefici del digiuno senza però astenersi totalmente dal cibo, nacque così la dieta chetogenica.

La dieta chetogenica è sempre normoproteica ed ipoglucidica. La quantità di grassi varia invece in base all’obiettivo. Normoproteica vuol dire che l’assunzione delle proteine rispetta il fabbisogno giornaliero e non è assolutamente un’iperproteica come molti pensano.
E’ ipoglucidica ovvero a ridotto contenuto di carboidrati per permettere l’ingresso ed il mantenimento della chetosi. La quantità dei grassi dipende invece dallo scopo per cui la si segue. Un bambino epilettico seguirà quasi certamente una chetogenica normocalorica, ciò vuol dire che il resto delle calorie giornaliere non coperte da proteine e carboidrati devono essere coperte dai grassi.
Diverso è il caso di chi la segue per dimagrire.

La chetosi

La dieta chetogenica è così chiamata perché caratterizzata dalla chetosi.

La chetosi è quel meccanismo che si instaura nei periodi di digiuno vero o simulato quando le riserve di glucosio presenti nell’organismo – il glicogeno – sono andate esaurite. Non essendoci più glucosio in circolo, l’organismo inizia ad usare i grassi di deposito o alimentari per produrre corpi chetonici come fonte energetica alternativa. Tale meccanismo rimane costante finché non si reintroducono alimenti ricchi di carboidrati.

Punto fondamentale da chiarire è che è un meccanismo del tutto fisiologico e si differenzia nettamente dalla chetoacidosi diabetica. La chetoacidosi diabetica è una condizione che si instaura in presenza di diabete di tipo 1 quando i livelli di glicemia sono molto alti e quelli di insulina molto bassi. E’ un fenomeno che avviene se il diabete di tipo 1 non è stato ancora diagnosticato o in caso di sospensione/gestione errata della terapia insulinica.
In tal caso l’overproduzione di corpi chetonici supera di gran lunga i 20 mmol/dL, mentre nella dieta chetogenica oscilla tra i 4-10 mmol/dL. Inoltre, in condizioni normali o in una dieta chetogenica, il pH del sangue si mantiene a 7.4, in presenza di chetoacidosi scende sotto 7.3. Se questo processo non viene bloccato si può facilmente entrare in coma e rischiare la morte.

Ma tranquilli…se non soffrite di diabete di tipo 1 non correte nessun rischio, avrete una chetosi del tutto fisiologica.

Perché seguirla?

La prima applicazione fu sull’epilessia negli anni ’20. Negli anni ’70 è tornata in auge ma come protocollo dimagrante. Oggi le applicazioni sono diverse e spesso hanno uno scopo del tutto terapeutico.
E’ possibile applicare la dieta chetogenica nei disordini endocrini come il diabete di tipo 2, l’obesità, la sindrome metabolica, PCOS (sindrome dell’ovaio policistico), l’iperinsulinemia congenita, la steatosi epatica non alcolica.
In caso di disordini neurologici la si applica nell’epilessia farmaco-resistente come già accennato, nella sindrome di Lennox-Gastaut, nell’epilessia miocrono astatica, nel morbo di Parkinson, nel morbo di Alzheimer, nella sclerosi laterale amiotrofica, nell’emicrania e cefalea, nella narcolessia, nella depressione e nell’autismo.
La dieta chetogenica trova applicazione anche in problematiche del metabolismo come la sindrome da deficit di GLUT1, nel deficit di piruvato deidrogenasi, nel deficit della fosfofruttochinasi ed in presenza di cancro.

Cosa mangiare?

Affinché si instauri la chetosi, è fondamentale ridurre drasticamente l’apporto di carboidrati ed eliminare pasta, pane, patate e affini, ma anche legumi e frutta. Le uniche fonti di carboidrati devono essere le verdure. La preferenza dovrà cadere quindi su fonti proteiche come carne o pesceverdure (escludendo quelle più amidacee o più ricche di carboidrati) e fonti di grassi buoni.

Vi chiederete “e a colazione cosa mangio”? Se vogliamo rimanere sulla colazione dolce, ahimè, la natura non ci aiuta. Il problema si risolve con le proteine in polvere. Le proteine in polvere vengono estratte principalmente dal siero del latte (whey protein), ma possono essere estratte anche da fonti vegetali come la canapa, i piselli o la più comune soia. Le proteine in polvere possono essere aromatizzate (cioccolato, vaniglia, fragola, ecc) come drink da bere oppure si possono usare i pasti sostitutivi proteici. I pasti sostitutivi si trovano sotto forma di prodotti da forno (fette biscottate, crackers, plum cake), barrette al cioccolato o perfino pasta e riso proteica.
Simulare quindi un’alimentazione normale è abbastanza semplice soprattutto per chi segue la dieta chetogenica non a scopo dimagrante ma a scopo terapeutico per lunghi periodi o addirittura tutta la vita.

Oltre alla scelta chiara e precisa degli alimenti, è fondamentale una corretta integrazione con sali minerali, vitamine ed eventualmente probiotici e fibre. L’integrazione dei sali minerali è una condizione fondamentale per mantenere il giusto equilibrio elettrolitico, in quanto, la dieta chetogenica è molto diuretica e la perdita di sali è ben superiore a quelli introdotti con i cibi.

Sintomi

I primi 3-4 giorni di astensione dai carboidrati possono portare a sintomi come mal di testa, debolezza, spossatezza. Tali sintomi spariranno con l’ingresso in chetosi e lasceranno il posto ad una grande energia ed all’assenza di fame.

Controindicazioni

La dieta chetogenica non può essere seguita da tutti, ma è attualmente sconsigliata in caso di:

  • Insufficienza renale
  • Insufficienza cardiaca
  • Insufficienza epatica
  • Diabete di 1 tipo
  • Gravidanza e allattamento
  • Aritmie cardiache
  • Infarto, TIA o ictus pregressi (ultimi 12 mesi)
  • Neoplasie
  • Malattie psichiatriche
  • Disturbi del comportamento alimentare
  • Terapia cronica con diuretici
  • Età minore di 14 anni e maggiore di 70 anni

Consigli

Se avete deciso di seguire questo approccio alimentare dovete affidarvi prima di tutto ad un professionista (dietologo, biologo nutrizionista, dietista) che possa stilare un piano alimentare adatto a voi solo dopo aver raccolto la vostra anamnesi fisio-patologica ed essersi assicurato che non ci siano controindicazioni.
In approcci restrittivi e particolari, il fai da tè è altamente sconsigliato e rischioso.

Vuoi scoprire la chetogenica in relazione al dimagrimento? Leggi La dieta chetogenica per dimagrire velocemente

 

Bibliografia

The Ketogenic Diet – Lyle McDonald

Ketogenic diet in endocrine disorders: Current perspectives

09Feb

La dieta chetogenica per dimagrire velocemente

La dieta chetogenica, dopo la sua prima comparsa negli anni ’20, è sparita dalla scena fino a ricomparire negli anni ’70 con due versioni diverse e come “terapia” all’obesità: la dieta Atkins e la dieta PSMF.

Oggi viene utilizzata in molteplici casistiche e ne ho parlato nell’articolo Dieta chetogenica: cos’è e per chi è utile.

Ma tornando all’obesità ecco gli approcci utilizzati.

La dieta Atkins prevede la riduzione drastica dei carboidrati e l’assunzione ad libitum di proteine e grassi. Secondo il Dr. Atkins ciò era possibile in quanto, un soggetto che riduce drasticamente i carboidrati, andrà automaticamente a ridurre l’introito calorico anche se può mangiare proteine e grassi a volontà per un maggior senso di sazietà. Le critiche principali mosse a sfavore della dieta Atkins furono l’assunzione smodata di grassi e la sua efficacia sul dimagrimento in quanto non sempre era facile instaurare un deficit calorico fondamentale per la perdita di peso.

La dieta PSMF o SPMF (Protein Sparing Modified Fast) ovvero digiuno modificato per il risparmio proteico prevede invece l’apporto di proteine di alta qualità per risparmiare le proteine della massa magra ma secondo il fabbisogno fisiologico quindi in relazione ai kg di massa magra o di peso corporeo. In questo caso l’apporto calorico è molto basso, si aggira intorno alle 600-800 kcal e deriva principalmente dalle proteine.

Per il dimagrimento oggi si applica soprattutto il protocollo VLCD ovvero very low calorie diet con un introito calorico giornaliero sotto le 1200 kcal e protocolli modificati della dieta SPMF come il protocollo Blackburn o dieta oloproteica che vanno anche sotto le 800 kcal.

Una dieta chetogenica per il dimagrimento è: normoproteica (introito proteico normale in rapporto al peso ideale), ipoglucidica (carboidrati non oltre i 20-50 g al giorno) e ipolipidica. Per il dimagrimento è importante che la dieta apporti un deficit calorico ed è per questo motivo che deve essere ipolipidica ovvero a ridotto contenuto di grassi.

Le fasi

Una dieta chetogenica per il dimagrimento si suddivide principalmente in due fasi: la fase chetogenica dimagrante e la fase di transizione.

Fase chetogenica

E’ la prima fase ed è caratterizzata dalla chetosi. Per entrare in chetosi servono in genere 3-4 giorni di adattamento in cui l’organismo passa dall’utilizzo del glucosio come fonte energetica ai corpi chetonici. Durante la chetosi si ha una forte diuresi e perdita di elettroliti per cui è fondamentale bere almeno 2 litri di acqua al giorno, salare abbondantemente i cibi ed assumere degli integratori di sali e vitamine. La fase chetogenica può durare dalle 2 alle 12 settimane.

Fase di transizione

E’ una fase delicata tanto quanto la precedente. La reintroduzione degli alimenti esclusi nella prima fase e l’aumento calorico deve avvenire poco alla volta e seguendo delle tappe ben precise. Una reintroduzione graduale porterà ad un mantenimento del peso perduto e soprattutto alla sua stabilizzazione. La sua durata è almeno uguale o superiore a quella chetogenica. Finita questa fase, se si hanno ancora chili da perdere si potrà ripetere nuovamente la fase chetogenica oppure andare in mantenimento.

Fase di mantenimento

E’ la fase finale che segue qualsiasi dieta a scopo dimagrante. E’ la fase in cui si impara a mantenere i chili persi e si definisce un vero e proprio stile alimentare a lungo termine. Si potrà seguire una dieta mediterranea classica o approcci più specifici e consoni al proprio stato di salute.

Vantaggi della dieta chetogenica

La scelta di un approccio dietetico di questo tipo può sembrare molto drastico e restrittivo ma i vantaggi non sono sicuramente pochi.

Primo fra tutti il dimagrimento veloce. Il fatto di essere a basso introito calorico permette sicuramente un dimagrimento veloce seppur mantenendo la massa muscolare, cosa che non accade con altri tipi di diete se l’introito calorico non è più alto e l’apporto proteico leggermente aumentato.

Dimagrimento veloce non vuol dire però perdita generica di kg. Con la dieta chetogenica si ha un vero dimagrimento ovvero la perdita di massa grassa che viene utilizzata per produrre corpi chetonici, il combustibile alternativo al glucosio dei carboidrati durante la chetosi.

Altro vantaggio non indifferente è l’assenza di fame. I corpi chetonici vengono detti anche “anoressizzanti” proprio perché sopprimono l’appetito.  Inoltre, non essendoci carboidrati si ha la calma insulinica che evita quei repentini e fastidiosi attacchi di fame.

Cosa mangiare e perché?

Quando l’obiettivo di questo approccio è il dimagrimento, vi consiglio di non seguire un piano alimentare con soli alimenti al 100%, ma di fare una dieta mista a proteine in polvere e/o prodotti sostitutivi proteici.
Il motivo è che sarà più facile mantenere un introito calorico basso e quindi un dimagrimento più veloce.
Inoltre sarà più facile mantenere la massa magra in quanto le proteine di questi prodotti sono ad alto valore biologico e di più facile assimilazione rispetto a quelle degli alimenti naturali.
Spesso si è portati a pensare che questi prodotti siano molto costosi. In realtà non c’è molta differenza tra acquistare carne e pesce e fare un ordine di questi prodotti se non per il fatto che con l’ordine dovrete pagare tutto subito e non settimanalmente come la spesa al supermercato.

Tornando a “cosa mangiare”, si parla di dieta classica chetogenica o mitigata/mista chetogenica.

La dieta classica chetogenica è la dieta in cui le fonti proteiche derivano solo da proteine in polvere e pasti sostitutivi proteici. In questo caso gli unici alimenti veri sono le verdure di accompagnamento.
E’ l’approccio utilizzato quando si hanno tanti chili da perdere come nell’obesità o in preparazione alla chirurgia bariatrica. E’ anche l’approccio che massimizza il dimagrimento, quindi il massimo dei chili in poco tempo.
Il vantaggio è quello di non dover pesare nulla perché gli alimenti sostitutivi sono già porzionati.

La dieta mitigata o mista è la dieta in cui un pasto principale (pranzo o cena) è costituito da cibi proteici freschi (in genere carne o pesce magri), rimane costante la verdura fresca a pranzo e a cena e negli altri pasti i prodotti sostitutivi. Questo approccio può essere seguito subito dopo un periodo di dieta classica chetogenica oppure fin dall’inizio. Ha un dimagrimento un po’ più lento del precedente ma permette una maggiore convivialità.

In tutti casi vale la regola dell’integrazione obbligatoria di sali minerali e vitamine come anticipato nel precedente articolo Dieta chetogenica: cos’è e per chi è utile.
Altrettanto consigliate sono le integrazioni di fibre solubili come quella di psyllium o di probiotici.
Esistono poi delle integrazioni che possono personalizzare il protocollo e renderlo ancora più efficace e mirato ai propri obiettivi come quella degli omega 3 o di drenanti cellulari.

Ultimo consiglio: è un approccio dietetico che porta ad un dimagrimento molto veloce, ciò non vuol dire che una volta finito il protocollo, si può ricominciare a mangiare di tutto e di più.
Il primo cambiamento deve avvenire a livello mentale.
La dieta chetogenica per il dimagrimento è solo un ottimo strumento per ridurre i tempi e raggiungere prima uno stato di benessere ottimale!

12Nov

Insulino resistenza e dieta

Cos’è l’insulina?

L’insulina è un ormone prodotto dalle cellule beta del pancreas in risposta alle variazioni glicemiche.

Dopo un pasto, i livelli di glicemia (glucosio=zucchero) nel sangue si innalzano e l’insulina li abbassa facendo entrare glucosio nelle cellule.

Cosa vuol dire insulino resistenza?

L’ insulino resistenza o resistenza all’insulina (IR) è la condizione in cui le cellule sono meno sensibili allo stimolo dell’insulina e, visto che la glicemia continua a rimanere alta, il pancreas produce ulteriore insulina per “farla sentire” alle cellule.
In questa fase, che può durare anni, la glicemia a digiuno misurata nel sangue è ancora nei parametri grazie all’aumentata produzione di insulina detta iperinsulinemia. Il pancreas però inizierà a risentirne, le cellule beta inizieranno a “usurarsi” e quelle funzionanti saranno sempre meno portando a un’ inadeguata produzione insulinica, si andrà così verso il diabete di tipo 2.

Quali sintomi?

Soffrire di insulino resistenza o essere addirittura in prediabete, non porta a sintomi netti, ma ci sono dei segnali che possono farci sospettare che qualcosa non va anche se la glicemia a digiuno è nei parametri.

Tra questi vi sono:

  • Acanthosis nigricans: sono delle aree della pelle più scure, in genere nelle pieghe come dietro al collo, sotto le ascelle, nell’inguine. A primo impatto può sembrare una scarsa cura della persona, invece è dovuto a una iperpigmentazione della pelle e si associa a diversi disordini tra cui l’insulino resistenza
  • Fibromi penduli: piccole escrescenze cutanee che possono comparire anche sopra le aree di Acanthosis nigricans
  • Letargia e stanchezza
  • Fame
  • Difficoltà di concentrazione (brain fog)
  • Eccesso di grasso viscerale
  • Ipertensione
  • Livelli alti di colesterolo

Come si diagnostica?

È il medico o lo specialista a fare la diagnosi in seguito a OGTT (Oral Glucose Test Tolerance) ovvero a curva da carico orale di glucosio associata a curva insulinemica. Questi sono dei test diretti, ma ci sono anche dei test indiretti e meno invasivi come l’Indice di Homa.

L’Indice di Homa o Homa Index (trovate diversi calcolatori online) mette in relazione i valori di glicemia e insulina a digiuno e se tale valore è superiore a 2,5 si può supporre che ci sia insulino resistenza. Ciò vuol dire che se l’Indice di Homa è superiore a 2,5 o anche vicino e ci sono già alcuni dei sintomi sopradescritti forse è meglio indagare col vostro medico in maniera più approfondita. È un indice che spesso può dare falsi negativi ed anche quando è positivo, la diagnosi deve essere confermata con test più precisi come l’OGTT.

Quale dieta con insulino resistenza?

Una volta avuta la diagnosi di insulino resistenza, non disperate. È ancora una condizione reversibile con un’opportuna dieta ed esercizio fisico. Direte…sempre la solita solfa del cambio di stile di vita. Sì, dobbiamo essere consapevoli che è proprio lo stile di vita attuale ad aver portato un aumento esponenziale dei malati di diabete.

Ma andiamo al dunque. Che tipo di dieta posso seguire per migliorare la mia situazione?

Il problema principale è l’accumulo di zuccheri nel sangue e questo sia in termini assoluti che come frequenza durante il giorno. Mi spiego meglio: se ho l’abitudine di mangiucchiare ogni mezz’ora, è chiaro che avrò continui aumenti della glicemia più o meno repentini che il nostro pancreas cercherà di gestire al meglio tramite l’insulina.

Alla luce di ciò potrebbe essere utile ridurre il numero di pasti giornalieri anche ai soli 3 principali, ma quest’ultimi dovranno essere dei pasti ben bilanciati (non il solo piattone di pasta per intenderci!). Già con queste due piccole accortezze, la glicemia dovrebbe incrementare meno repentinamente dando un senso di sazietà più a lungo.

Ma ci sono anche altre strategie.

Sicuramente le diete low carb e quindi a basso contenuto di carboidrati possono essere un’opzione, come anche l’alternanza di giornate a più alto contenuto di carboidrati con altre a più basso. L’obiettivo è ridurre le impennate glicemiche e fare in modo che si riduca la quantità di insulina necessaria per abbassare la glicemia.

Anche il digiuno intermittente può rientrare tra queste alternative proprio perché prevede sicuramente una restrizione calorica e fasi di digiuno dove il pancreas va a “riposo” (1).

Finora ho parlato di strategie dietetiche “soft”, ma non possiamo dimenticare la dieta chetogenica. La dieta chetogenica (ne ho parlato qui e qui) aiuta tanto nell’ insulino resistenza e, in alcuni casi più avanzati, può essere anche l’unica strategia dietetica vincente. A tal proposito iniziano a venire fuori anche degli studi scientifici in cui dei pazienti con diabete di tipo 2 sono riusciti a ridurre i farmaci anti-diabete proprio grazie alla dieta chetogenica (2).

Come potete vedere, le alternative dietetiche sono tante e tutte prevedono una diminuzione dei carboidrati giornalieri più o meno ampia. Quale possa essere quella più adatta a voi lo stabilisce il professionista (dietologo, biologo nutrizionista, dietista) tenendo conto di tutto il quadro (le vostre abitudini, i vostri ritmi, farmaci assunti, ecc).

Ribadisco…se volete mettere il turbo al tutto, dovete fare attività fisica e non dimentichiamoci che l’esercizio fisico rende le cellule dei muscoli più sensibili all’insulina, un farmaco naturale a tutti gli effetti!

Fonti

  1. Early Time-Restricted Feeding Improves Insulin Sensitivity, Blood Pressure, and Oxidative Stress Even without Weight Loss in Men with Prediabetes.
  2. A Novel Intervention Including Individualized Nutritional Recommendations Reduces Hemoglobin A1c Level, Medication Use, and Weight in Type 2 Diabetes.
  3. https://www.diabetes.co.uk/insulin-resistance.html
  4. https://www.niddk.nih.gov/health-information/diabetes/overview/what-is-diabetes/prediabetes-insulin-resistance